Borghi brembani

Borghi di Valtorta

UN PO DI STORIA

Valtorta e le sue contrade

Valtorta sorge all’estremo settore nord-occidentale della Valle Brembana, ai piedi dei bastioni rocciosi del pizzo dei Tre Signori e dello Zuccone Campelli. Il Museo Etnografico “alta Valle Brembana”, che raccoglie le testimonianze di secoli di vita locale è solo l’aspetto più appariscente di un complesso di richiami alla civiltà del passato. Accanto al museo c’è l’intero paese, con il centro storico ancora ben conservato e le minuscole contrade abbarbicate su ripidi pendii in margine a boschi e anguste vallette. Ci sono i resti, oggi recuperati, del maglio, dei mulini e delle miniere, un tempo cardini dell’economia locale, al pari dell’attività zootecnica, rinomata per i suoi formaggi, lavorati ancora oggi secondo regole immutate. Ci sono i dipinti murali che adornano le tribuline poste ai crocicchi di antiche mulattiere e i preziosi affreschi che decorano le pareti della chiesa della Torre. Ci sono le solennità religiose e le sagre popolari, che riecheggiano secolari tradizioni, come il carnevale o il rito della cacciata di marzo. Non mancano le prelibatezze di una cucina semplice, ma genuina, a base di prodotti locali. Con un occhio a questo straordinario patrimonio del passato, Valtorta guarda avanti, verso moderne prospettive turistiche, ed è su questa strada che il paese troverà stimoli le occasioni di un rinnovato sviluppo.

Situata in zona di confine tra gli stati di Milano e Venezia, Valtorta ha avuto una storia travagliata che non ha tuttavia impedito a questa piccola comunità di mantenere viva la propria spiccata identità e di ritagliarsi spazi di autonomia. Ne testimoniano i privilegi concessi periodicamente, dal ducato di Milano e dalla repubblica di Venezia e soprattutto il diritto di dotarsi di un proprio statuto che per secoli regolò svariati aspetti della vita comunale. Questa autonomia consentiva al paese di nominare al proprio interno gli amministratori locali, compreso il vicario, che rappresentava il potere centrale, e amministrava la giustizia in materia civile e penale, secondo quanto previsto dagli statuti. Il vicario risiedeva in quella che è passata alla storia come casa della pretura, ma che era il palazzo municipale, come si può dedurre dalla serie di stemmi, ancora visibili, delle famiglie di Valtorta che ne adornano le pareti. Questi ambienti tipici della storia e della cultura locale, riportati alla loro fisionomia originaria, sono oggi sede del Museo etnografico alta Valle Brembana e sono diventati l’archetipo degli edifici storici altobrembani, in cui ogni stanza, corridoio, balcone, scantinato è arredato secondo lo stile che fu per secoli quello di ogni casa del posto, luogo di nascita, vita e morte di innumerevoli generazioni.

Di particolare interesse storico-artistico è la chiesa di Sant’Antonio abate della contrada Torre, la cui originale struttura romanica è ancora molto evidente, nonostante diversi rifacimenti, nella semplicità delle linee e del materiale, specie nell’interessante campanile in pietra a pianta quadrata, con la cella campanaria a bifore. L’interno, parzialmente interrato, è a una sola navata, suddivisa in tre campate da due arcate trasversali a sesto acuto; il presbiterio è a pianta quadrata, rialzato al livello dell’esterno e coperto da volta a botte. Su alcune pareti dell’edificio sono dipinti pregevoli affreschi di epoca cinquecentesca, riportati alla luce negli anni scorsi e restaurati nel rispetto delle caratteristiche originali. Ignoti sono gli autori che rimandano, per certe analogie, ai Baschenis della Valle Averara.

altri due soggetti si trovano sulla facciata esterna di mezzodì: si tratta di una figura di Santo e di un San Cristoforo che regge sulle spalle un piccolo Gesù; i dipinti, in mediocre stato di conservazione, sono certamente anteriori a tutti gli altri e probabilmente risalgono all’epoca della costruzione della chiesetta. I dipinti della Torre occupano un posto di rilievo nel vario succedersi dei cicli di affreschi che interessano la Valle Brembana. Gli autori, non noti, potrebbero forse essere ricercati nella schiera dei Baschenis della Valle Averara, a cui rimandano i soggetti dell’arcata: la scena della Natività presenta, ad esempio, varie analogie con opere coeve dipinte da Simone II Baschenis nelle valli Giudicarie. Il paese, le contrade, le attività economiche: Malgrado anch’essa non sia rimasta indenne dai fenomeni dell’emigrazione e dello spopolamento, Valtorta conserva tutte le caratteristiche di un paese vivo, in grado di offrire ai suoi cittadini i servizi di base indispensabili, e aperto al futuro. La popolazione è sparsa in diverse contrade, distribuite tra il fondo valle e le pendici dei monti: il centro storico di Valtorta (dove sono situati il municipio e la chiesa parrocchiale), Rava, Fornonuovo, Piani, Ceresola, Costa, Cantello, Grasso, Scasletto. Non è mancato negli ultimi decenni un discreto sviluppo edilizio, senza peraltro che esso sia andato a stravolgere le caratteristiche ambientali e architettoniche dei luoghi, grazie anche a un’attenta politica di tutela storica e paesaggistica.

I soggetti più interessanti sono quelli raffigurati sulla seconda arcata trasversale, rivolti verso il presbiterio. Alla base del pilastro di sinistra si può ammirare un Cristo nel sepolcro attorniato dagli strumenti della passione. Sotto l’affresco, datato 20 novembre 1529, vi è un’iscrizione in latino, ben leggibile, che riproduce una serie di invocazioni al Cristo, nei vari momenti della sua passione. Sulla parte superiore del pilastro è raffigurata una Madonna col Bambino e San Rocco, eseguita il 18 novembre 1529. Tutto il centro dell’arco è interessato da una Incoronazione della Vergine da parte di Gesù, in un tripudio di angeli, musicanti e beati: la scena, corredata da due cartigli, è di grande respiro e ricca di particolari. Il pilastro di destra reca, nel quadrante superiore, una Crocifissione con i Santi Rocco e Sebastiano e, in quello inferiore, una delicata Natività con il nome del committente: “D. Joannes de Pecis f.f.”. Alcune figure presentano spunti artistici notevoli, che si possono individuare nell’espressività dei volti su cui sono chiaramente evidenti, di volta in volta, emozioni di gioia, profonda rassegnazione, umiltà, sofferenza; meno curati sono i particolari, mentre si nota una discreta ricerca prospettica ed un’apprezzabile attenzione alle proporzioni e ai volumi. Sul retro del pilastro e sulla parete di destra sono riapparsi di recente altri affreschi che raffigurano un Sant’Antonio abate, due figure di Santi, una Madonna col Bambino e una bella Trinità, collocata proprio dietro il pilastro della prima arcata. Gli altri dipinti si trovano sulle pareti laterali del presbiterio dove, in una trentina di riquadri, sono rappresentate Scene della vita di Sant’Antonio Abate, ciascuna corredata da didascalie in italiano; i riquadri sono in parte coperti da cornici in stucco o malta, aggiunte nel Seicento.

Consistente è il pendolarismo verso i cantieri e le fabbriche del fondo valle. In termini di occupazione, nulla purtroppo è rimasto dell’antica vocazione alla lavorazione del ferro che nell’Ottocento si esercitava in tre grandi fucine e ventotto chiodarole (gli abitanti di Valtorta sono ancora oggi soprannominati i ciodaröi). Tuttavia il paese conserva una sua struttura economica, basata anzitutto sull’allevamento e sull’attività casearia. Una tradizione che viene da lontano, se si pensa che nella sua Descrizione della Bergamasca del 1596 il rettore veneto Da Lezze segnalava la presenza sui pascoli di Valtorta di 600 vacche e 500 pecore. Là dove non poteva più arrivare il singolo allevatore, a mantenere vivo questa tradizione ecco venire in soccorso l’associazionismo. Del 1956 è la nascita della latteria sociale da parte del Gruppo Piccoli Allevatori. L’introduzione di sempre più moderne attrezzature meccaniche, la ristrutturazione di stalle e alpeggi, il miglioramento qualitativo del bestiame sono i fattori che hanno consentito di dar vita a una zootecnia efficiente e competitiva in cui, sorprendentemente, trovano garanzia di lavoro e di vita dignitosa anche molti giovani. Sul finire degli anni Ottanta è poi entrato in funzione il nuovo caseificio sociale dal quale escono formaggi che costituiscono un vero piacere della tavola, frutto di un’arte casearia che affonda le sue radici in secoli di cultura contadina. Parliamo in primo luogo del Formai de Mut, cui nel 1985 è stata riconosciuta la “denominazione di origine controllata”. Un formaggio dal profumo e dall’aroma davvero unici, in particolare per quanto riguarda la produzione estiva, effettuata a Valtorta nei quattro alpeggi di Camisolo, Ceresola, Radice e Stavello. E sempre per quanto riguarda la zootecnia, ricordiamo anche la mostra bovina che a Valtorta si tiene ogni anno a settembre, alla chiusura degli alpeggi, e che rappresenta, al di là delle enormi difficoltà, una delle testimonianze più significative della vitalità di questo settore. Prospettive interessanti sul piano occupazionale sono poi quelle che sembrano delinearsi con lo sviluppo del centro sciistico di Valtorta – Piani di Bobbio e il decollo del progetto che mira a fare del borgo un museo a cielo aperto che comprenda tutte le molteplici attrattive storico, artistiche e ambientali.

Riti e tradizioni secolari, Valtorta è un paese particolarmente ricco di tradizioni. La più nota è forse quella della Giobiana che vede ogni anno, il primo giovedì di marzo, i ragazzi del paese scorazzare per i campi e per le vie con campanacci a tracolla a risvegliare la primavera e a “chiamar l’erba”. Più forte è il fracasso e più feconda sarà la nuova stagione. Alla vigilia dell’Epifania si celebra l’usanza della Pisa ègia, che vede ragazzi e adulti attraversare il paese con gran strepito di barattoli, campanacci e qualsiasi oggetto rumoroso, prendendo di mira un personaggio travestito da “vecchia” che si difende spruzzando chi si avvicina con una bottiglia d’acqua, fingendo si tratti di orina. Altra festa all’insegna delle burle è il Generù che si celebra l’ultimo giorno di gennaio e consiste nel chiamar qualcuno fuori di casa con un pretesto facendolo oggetto di cori canzonatori con cui si festeggia la fine di gennaio, il mese più duro. E da qualche anno ha ripreso vigore la tradizione del Carnevale con un pittoresco e rumoroso corteo che attraversa tutto il paese. Un carnevale alla vecchia maniera, con maschere di legno scolpite in paese e costumi ricavati unicamente da vecchi abiti. E a proposito di tradizioni ricordiamone anche una di tipo gastronomico. Oltre che per i suoi formaggi e funghi, Valtorta è nota anche per le frittelle di formaggio con la birra, accompagnate dalle dolci patate del luogo.

Verdi vallate e boschi silenziosi
Come suggerisce il suo stesso nome, Valtorta è al centro di un tipico paesaggio d’alta montagna : ora aspro e severo, ora dolce, suggestivo ed ospitale. Dal fondo valle alle cime più alte del pizzo dei Tre Signori (m. 2.554) o della Corna Grande (m. 2089) è un alternarsi di forre scoscese, ghiaioni, spumeggianti cascate, limpidi torrenti, ripidi pendii, fitte pinete ed abetaie, verdissimi pascoli, dolci pianori, rupi e massicci rocciosi. E qua e là, a solcare e punteggiare il paesaggio, tortuose stradine, mulattiere, piccole contrade, stalle e cascinali. Ricchissima è la flora che in primavera esplode ovunque in mille forme e colori. In particolare Valtorta è nota per i suoi funghi porcini, una delle squisitezze della gastronomia bergamasca, che ad ogni tarda estate attirano nel fitto delle foreste migliaia di cercatori. E di gran pregio è anche la fauna selvatica, visto che sulle sue montagne non è difficile incontrare stambecchi, camosci, cervicervi, caprioli, marmotte e scoiattoli, per non parlare dell’aquila reale che nidifica negli anfratti rocciosi delle Orobie. Così come pescosi sono la Stabina e gli altri torrenti che si precipitano a valle. Parliamo di una natura ancora quasi completamente intatta, grazie al presidio che l’uomo per secoli ha esercitato nel culto del rispetto ambientale ed ecologico, fondamentale per la sua sopravvivenza.

Testi di Tarcisio Bottani e Felice Riceputi

 

 

 

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