Gruppo folk “I Gioppini di Bergamo” c/o Fabrizio Cattaneo – cell. 335.5430256 fax. 035.313687

Questo gruppo folclorico particolare, unico nel suo genere, presenta uno spettacolo composto da vari tipi di esibizioni che sono: La sfilata con gli strumenti autoprodotti artigianali in latta e in legno dalle forme fantasiose tratti da usanza risalente all’epoca Romana. I canti popolari in dialetto Bergamasco e Lombardo tipici balli celebranti momenti di vita contadina. Le antiche civiltà hanno sempre rappresentato un modello e un patrimonio prezioso per le generazioni successive: usi, costumi e consuetudini mantengono vivo lo spirito di un popolo e ne tramandano le tradizioni. A Bergamo la vivacità della gente contadina dei tempi trascorsi viene ripresa e riproposta dal gruppo dei Gioppini che, attraverso balli popolari e canti dialettali, trasmette l’eco della cultura passata, ispi-rato dalle tipiche ed originali maschere bergamasche: Gioppino e Margì. Le coreografie, vivaci e divertenti, esprimono momenti della vita quotidiana di antica tradizione: om-brelli, fiori, nastri, secchi d’uva, botticelle con vino, acrobazie e sculaccioni rappresentano alcuni ele-menti caratteristici dello spettacolo. La sfilata, eseguita da tutti gli elementi del gruppo con i particolari strumenti di legno e strane trombe di latta ricavate da tubi di stufa, grammofoni, telai di bicicletta ecc.. , è accompagnata da fisarmoni-che, tamburi e da un vecchio carretto contadino. I colorati costumi, sia degli uomini che delle donne, formano un complemento necessario per questo tuffo nel passato. I componenti dei Gioppini dedicano gran parte del proprio tempo libero a questa attività e, senza fine di lucro, mantengono viva l’associazione culturale, costituendo un punto di riferimento per le giovani generazioni. Tutto questo fa parte del Folklore, termine inglese composto da Folk (popolo) e Lore (dottrina) che significa, appunto, Dottrina di Popolo.

STORIA DEL GRUPPO – Gioppini di Bergamo
Non si ha una data precisa per la nascita del gruppo; la si vorrebbe agli inizi del 1900 in un quartiere di Bergamo, Redona, come testimoniano fotografie pubblicate su “Redona, immagini del primo Nove-cento” e su “DANZE POPOLARI ITALIANE” edito nel 1935 dall’ Opera Nazionale del Dopolavoro, che ritraggono la “Banda dei Giopì”. In queste immagini si possono già notare i particolari strumenti musicali ricavati da tubi di vecchie stufe a legna, grammofoni, imbuti, telai di biciclette, pezzi di motore, bidoni metallici …. Il complesso musicale, composto da soli elementi maschili, dopo una pausa forzata a causa della Guerra, si ricom-pose agli inizi degli anni 50 nel rione di Borgo Palazzo, sotto la guida di Rino Lorenzi, appassionato e diligente ricercatore di tradizioni della propria terra, che introducendo i primi canti e balli popolari, ar-ricchì il gruppo con elementi femminili: si formò così il Gruppo Folkloristico dei Gioppini di Bergamo che, in seguito, con l’arrivo del maestro Angelo Piazzoli detto “PAPA”, inizierà a partecipare a numero-sissime manifestazioni e festival, sia in Italia che in tutta Europa, toccando anche l’America Latina; ri-scuotendo ovunque consensi di pubblico ed elogi dalla critica. Oltre che a vari interventi alla televisio-ne, ha preso parte alle riprese di un film di Walt Disney. Il gruppo è riconosciuto dal Ministero Italiano Turismo e Spettacolo.

I Gioppini di Bergamo

COSTUME – Gioppini di Bergamo
Il costume, sia maschile che femminile, si ispira alle maschere di Bergamo: Gioppino e Margì. Per lui: giacca in panno verde profilata di rosso con pantaloni a tre quarti dello stesso colore, gilet rosso profilato in verde, camicia bianca, calzettoni a righe bianche e rosse, al collo fazzoletto rosso fantasia, cappello nero bordato di rosso e scarpe nere con vistosa fibbia rossa. Per lei: camicia, mutandoni e grembiulino bianchi, il tutto guarnito con pizzo punteggiato da nastrini rossi, gonna di cotone molto ampia e fiorata con sottana bianca; cintura alta di velluto nero, scialle sulle spalle e fazzoletto in testa, tutti ricamati. Ai piedi un paio di zoccoli di legno, calzatura tipica dei contadini lombardi.

STORIA DI BERGAMO – Gioppini di Bergamo
Bergamo sorge ridente ai piedi delle Prealpi Orobiche tra i fiumi Serio e Brembo. La città nacque nel 501 sotto l’impero dei Liguri, fondata da Cydno che la chiamò Barra; anche se pare che la vecchia città risalga ad una fondazione autoctona del VI secolo a.C., se non addirittura al 1200 a.C. Dopo i Liguri, molti popoli dominarono la nostra città: Etruschi, Galli Cenomani,(che le cambiarono il nome in Berghéim), e quindi i Romani, che la fecero diventare Bergomum, nome che rimase anche sotto il dominio dei Goti, Unni e Longobardi. Nel 1200 si costituì un libero Comune e tale rimase per circa due secoli, finché, dopo essersi assoggettata alla Signoria dei Visconti di Milano, si sottomise nel 1428 alla Repubblica Veneta. Dal 1797 fu sottomessa ai Francesi ed agli Austriaci fino al 1859, anno in cui arrivò Garibaldi che radunò proprio in Bergamo “I Mille” per la sua spedizione verso la Sicilia. Le diverse dominazioni influirono molto sulla parlata locale tant’è che, ancor oggi, il dialetto bergama-sco è intriso di accenti e cadenze simili alle lingue germaniche e francesi. Il primo saluto che Bergamo porge ad ogni visitatore sono le Mura Venete, grandiose fortificazioni lunghe 5114 metri, con 16 bastioni e 4 porte d’accesso, che racchiudono, come in un abbraccio, Città alta, parte più antica e monumentale di Bergamo, festoso rincorrersi di torri, guglie e campanili, il più alto dei quali è il “Campanone” che domina maestoso su Piazza Vecchia, una delle più belle piazze del mondo, così come l’hanno definita Le Courbusier e Wright. altre numerose costruzioni vanno ricor-date: il Palazzo della Ragione con il Leone di San Marco, incastonato sulla facciata in testimonianza del dominio veneto, la Cappella di Bartolomeo Colleoni, la Chiesa di Santa Maria Maggiore, il Duomo, il Battistero, la Rocca, il Teatro ed il Museo intitolati a Gaetano Donizetti, l’Accademia Carrara ed il Museo d’Arte Moderna.

I Gioppini di Bergamo

COM’E’ NATA LA TRADIZIONE DI “ GIOPPINO” ?
La domanda è senza risposta poiché nulla ci dicono i documenti e muta è la tradizione orale: certa-mente egli è una creazione tipicamente e genialmente popolaresca, ispirata forse da qualche spassoso tipo del passato che non ha lasciato tracce, o forse il nostro popolo ha mirabilmente fuso in esso la sua vena ridanciana e lepida, la sua spontanea tendenza all’arguzia, il suo gesto un po’ grossolano, ma sempre piacevolmente comico per i modi farseschi. Poiché, in fondo, Gioppino non è che una amenissima caricatura del nostro popolo rustico, da questi è sorto e da questi ha preso il linguaggio grossolano, esagerandone i difetti e la rozzezza che, unita ad una istintiva furbizia e ad una divertente ignoranza, mai gli offusca una pratica e rapida comprensione delle cose. Dei contadini imita l’intercalare, ripete i gesti ed è sempre preso da quell’indomabile ap-petito che è segno di robusta e sana costituzione. Nei racconti popolari Gioppino, storpiatura di Giuseppino, è figlio di Bortolo Zuccalunga e di Maria Scatolera; è tozzo, tarchiato, dalla faccia ilare e bonaria, violentemente incarnata dal collo deforme per tre gozzi madornali, che sono nello stesso tempo sua caratteristica fisica e blasone di famiglia. Nativo di Zanica, è padrone delle scene e delle situazioni, che quasi sempre domina a colpi di bastone, di maniere e di linguaggio rozzi, ma con tanto cuore, egli è paziente fino a che non gli facciano infiammare le “ granate “ o i “ coralli “, com’egli poeticamente chiama la sua gozzaia. Sempre inna-morato della sua Margì, ha un discendente nella pur comica persona del Bartolì da Sanga, il quale verrà a perpetuare “ la stirpe dei gozzi “.

PERCHE’ GLI STRUMENTI DI LATTA – Gioppini di Bergamo
E’ consuetudine che risale ai Romani quella di solennizzare per celia le nozze dei vedovi, specialmente se maturi, con concerti polifonici affatto armoniosi e per i quali la ragazzaglia del paese si adopera con la migliore buona volontà. Tale omaggio, tutt’altro che di buon gusto, ha carattere di scherno. Specialmente verso sera gli improvvisati concertisti si recano sotto le finestre dei futuri sposi e con fi-schi, urla e il suono di padelle, trombe in latta e campani, improvvisano un’assordante quanto fasti-dioso omaggio, talvolta ripetuto per diverse sere consecutive. Questa usanza viene indicata con diver-si nomi: sunà i padèle, i ciòche, fantunà, fa la fantunada o la tuntunada (Val Brembana), fa öna cio-cada ( Parre ), fa ai matìno…) (*) Da questa tradizione l’uso di strumenti di latta da parte dei Gioppini…